La musica per denunciare lo scioglimento dei ghiacciai

La musica per denunciare lo scioglimento dei ghiacciai

Il progetto del ricercatore Ugo Nanni che, a Giovinazzo, ha presentato "Song of the Glacier"

  • 10 ottobre 2024
  • Cultura
  • Michele Cotugno

Dar voce ai ghiacciai, trasformando in musica il loro suono, e farne sentire il grido di aiuto, la sofferenza per il cambiamento climatico.

È l’obiettivo di Ugo Nanni che, sabato a Giovinazzo, è stato ospite della Fondazione Defeo Trapani, per presentare il brano “Song of the glacier”, realizzata in collaborazione con il coro svedese “Vocal Art Ensemble” diretto da Jan Yngwe. Francese di nascita, ma originario di Stiappa, nel pistoiese, Nanni è ricercatore dell’Università di Oslo dedito allo studio dei ghiacciai. Sua la registrazione, sulle isole Svalbard (Norvegia), del suono di un ghiacciaio che si scioglie a 300 metri di profondità. Una sorta di lamento che ha ispirato il brano musicale.

«Lo scopo – spiega Nanni – è far venir fuori dal contesto scientifico il suono dei ghiacciai e farlo ascoltare a quanta più gente possibile, per renderla consapevole delle conseguenze cui andiamo incontro: innalzamento del livello del mare, problemi di sostentamento e inondazioni di diverse zone del mondo che verranno sommerse e smetteranno di esistere. L’unica cosa che mi trasmette forza e speranza è incontrare persone che lottano affinché ciò non accada».

L’idea è nata dal desiderio di trovare modi nuovi per coinvolgere le persone: «Oggi abbiamo accesso a tante informazioni, ma spesso manca una connessione emotiva che porti all’azione. All’inizio pensavo bastasse comunicare chiaramente i dati scientifici. Ma la sola conoscenza non basta. Serve un’emozione che ci spinga a superare il blocco che spesso si ha davanti a una crisi così vasta come il riscaldamento globale, fenomeno innegabilmente legato alle attività umane, in particolare al consumo di energie fossili. È particolarmente visibile nei ghiacciai, i migliori indicatori del fenomeno. Grazie ai sismometri, che registrano le vibrazioni del ghiaccio, possiamo “ascoltare” i loro movimenti. Vibrazioni troppo basse per l’orecchio umano. Per questo le ho convertite in suoni, ognuno dei quali racconta una storia: movimento del ghiaccio, apertura di fessure, compattazione della neve, l’acqua che scorre e persino il distacco di iceberg».

L’idea nasce durante le missioni scientifiche nell’Artico, in cui Nanni ebbe l’opportunità di ascoltare questi suoni primitivi e profondi, intuendo che sarebbero potuti diventare un ponte tra mente e cuore, per far percepire la crisi climatica in modo diverso, più intimo e diretto: «Estate 2022. Dopo vari tentativi falliti, riuscimmo a raggiungere la base del ghiacciaio Kongsvegen a 327 metri di profondità. Un momento di sollievo, ma anche di meraviglia, come se stessimo scoprendo un mondo nascosto. Era come ascoltare il ghiacciaio che raccontava la propria storia».

Suoni che non sono solo dati scientifici, ma anche strumenti per capire meglio stato di salute del ghiacciaio: «È come ascoltare un cuore che batte: ogni suono indica una trasformazione. I suoni sono un grido d’allarme: parlano della fragilità di questi giganti di ghiaccio e dei cambiamenti climatici che minacciano il pianeta. Con la musica voglio che le persone comprendano l’urgenza di agire. Anche il più piccolo aumento di temperatura ha conseguenze enormi. Tuttavia, ogni decimo di grado che evitiamo è una vittoria collettiva. Agire oggi è fondamentale. Domani potremmo trovarci ad affrontare emergenze più difficile da gestire. Non è solo una questione scientifica o politica, ma umana. Non è un problema lontano e astratto. Sta accadendo ora e riguarda tutti noi».

Arte e musica possono toccare le persone a livelli emotivi che i dati scientifici non raggiungono: «È successo con “Songs of the Humpback Whale” di Roger Payne, che contribuì a fermare la caccia alle balene».

Il lavoro di Nanni si inserisce nel più ampio “101 Flame of Inspiration”, progetto musicale di Eric Forsmark, prodotto da E2D insieme alla Fondazione Defeo Trapani e presentato al pubblico, nel corso della serata attraverso video e diapositive che raccontano le conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai e dei tanti stravolgimenti ambientali provocati dall’uomo. Tra le conseguenze più inquietanti, la scomparsa di diverse isole, con la loro storia, la loro cultura e la loro popolazione. è quello che, ad esempio, potrebbe accadere alle Kiribati, stato insulare dell’Oceania di circa 120mila abitanti.

Un’idea nata dalla Puglia che coinvolge oltre cento musicisti da cinquanta paesi e che diverrà un film e un album: «Raccoglie storie di persone e comunità che affrontano il cambiamento climatico in modi creativi. Vogliamo stimolare l’immaginazione e sviluppare un senso di responsabilità condivisa. Ogni storia è una fiamma che illumina la via per un futuro più sostenibile».

La speranza è che chi ascolta il brano viva un’esperienza sensoriale unica e senta una connessione profonda con il pianeta: «Voglio che si percepisca la grandiosità dei ghiacciai, ma anche la loro vulnerabilità. Questi suoni sono segnali d’allarme di una crisi che non possiamo più ignorare. Mi aspetto che l’ascolto di “Song of the Glacier” faccia riflettere e sentire le persone parte di qualcosa di più grande, che richiede attenzione e impegno attivo. Ogni piccolo gesto, ogni decimo di grado guadagnato è una vittoria nella lotta contro il cambiamento climatico. Ogni piccolo cambiamento individuale, collettivo, politico ed economico ha il potere di contribuire a una trasformazione significativa della società e di risvegliare una coscienza ambientale condivisa. Insieme, possiamo fare la differenza».

Non è troppo tardi. C’è ancora speranza, come dimostrano anche alcuni dati positivi, tra cui: la progressiva riduzione del buco dell’ozono e la riduzione delle emissioni inquinanti in Europa.

 


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