Cambiasso a Bitonto: "Inter per sempre nel mio cuore, mi sento italiano di adozione"
- 11 novembre 2022
- Redazione
Centrocampista completo e imprevedibile, dotato di visione di gioco, sapienza tattica e straordinarie grinta e leadership mostrate in campo: parliamo dell’argentino Esteban Cambiasso, uno dei giocatori simbolo dell’Inter, ospite ieri sera a Bitonto dell’Inter club cittadino “Peppino Prisco”, grazie alla tenacia del presidente Gaetano Verriello.
Durante l’evento “El Cuchu” (personaggio dei cartoni animati argentini con il quale Cambiasso ha una grande somiglianza) ha ripercorso la sua carriera iniziando dal suo primo allenatore a cui deve tutto, avendolo convinto a giocare a calcio dopo aver visto una sua partita di pallacanestro. Da lì ha iniziato a giocare nel settore giovanile dell’Argentinos Juniors per poi essere notato dagli osservatori del Real Madrid che hanno deciso di portarlo in Spagna per fargli fare esperienza con il Real Madrid B.
L’avventura con il Real Madrid Castilla non soddisfa le sue aspettative: «La vita – confessa il campione – ti porta a fare scelte delicate. Sentivo il bisogno di crescere». Un bisogno che lo porterà ad andare in prestito all’Independiente dal 1998 al 2001 e al River Plate nella stagione 2001-2002. Dopo l’avventura in sud America, Cambiasso torna a giocare con le Merengues, questa volta in prima squadra, vincendo una Liga, una Supercoppa di Spagna, una Supercoppa Uefa e una Coppa Intercontinentale in due stagioni, insieme a campioni come Casillas, Figo, Ronaldo, Carlos, Zidane e Beckham. Il compagno che più lo colpisce è però lo spagnolo Raul: «Per me – dice – è stato il compagno di squadra per eccellenza. Era quello che arrivava per primo agli allenamenti ed era l’ultimo ad andarsene, non aveva il miglior tiro o il miglior colpo di testa, non era il più veloce e non aveva il miglior fisico. Però con la testa era un fenomeno, faceva cose che nessuno al mondo riusciva ad eguagliare».
Conclusa l’esperienza con i Blancos, arriva nel 2004 a parametro 0 in una squadra “nera come la notte e blu come il cielo”: l’Inter. Inizia così una lunga storia d’amore che consacrerà Esteban nella Hall of Fame del Biscione con 431 presenze, 51 gol e quindici trofei in dieci anni in nerazzurro (fra cui una Champions League). Tantissimi gli aneddoti con la Beneamata come il “clan dell’asado”, una delle tradizioni più conosciute nello spogliatoio nerazzurro ai tempi della “colonia argentina”. «Zanetti – ricorda – aveva il compito più difficile: ordinare la carne. Walter Samuel grigliava e Diego Milito si sedeva soltanto per mangiare».
Immancabile il ricordo de “Il Cipe” Giacinto Facchetti, calciatore e dirigente interista, e dell’ex presidente nerazzurro Massimo Moratti. «È stato come un padre – racconta – era vicino ai giocatori ma sapeva anche sgridarci. È stato presidente in un momento in cui i bilanci erano negativi, ha messo soldi di tasca sua per il bene dell’Inter, per portare a casa quella benedetta Champions che ancora festeggiamo».
Nel 2014 lascia l’Inter insieme ad altri giocatori della generazione Triplete, come Samuel e Milito, e trascorre un anno in Premier League col neopromosso Leicester City vincendo “solo” il titolo “Player of the year”. Conclude la sua carriera da calciatore nel 2017 con i greci dell’Olympiakos con cui vince la Souper Ligka Ellada, la massima serie del campionato greco, nella stagione 2015-2016 e 2016-2017.
Eppure, nonostante siano passati sette anni dal suo ritiro, il legame con i tifosi nerazzurri è ancora lì, indissolubile. «L’affetto dei tifosi – confessa Cambiasso – mi fa molto piacere, specialmente dopo tanti anni. Significa che quello che abbiamo fatto è rimasto non solo nella storia ma anche nella mente e nel cuore degli interisti. Non avrei mai immaginato di passare tutti quegli anni all’Inter, con cui ho vinto molto ma anche sofferto. È un’emozione andare al San Siro dopo tanti anni e intravedere ancora qualcuno con la maglia 19. È una bella soddisfazione».