Storia di Cesare Vitale, l’attaccante neroverde che per primo divenne professionista

  • 02 febbraio 2020
  • Mario Sicolo

Vedi Kikko Patierno segnare gol tonitruanti sul prato del Città degli  Ulivi e pensi che c’è stato un altro giovanissimo leoncello che, negli anni Settanta e Ottanta, illustrò il suo talento con reti che incantarono tutti e poi volò al nord, per divenire bomber vero sino alla Cadetteria.

Cesare Vitale – nomen omen – è stato Cesarino, da subito piccolo imperatore degli ultimi venti metri di campo. “Già, sai che significa esordire in serie D, allora davvero IV serie, a poco più di sedici anni? – mi raccontò un dolce meriggio di tanti anni fa –. Non avevi mica il tempo di stare lì a pensare, dovevi diventare subito uomo. Nessun avversario aveva riguardo della tua giovane età e dovevi far tesoro di tutti gli insegnamenti che ti davano i compagni di squadra”.

Era il Bitonto che “tremare il mondo faceva” e quel fazzoletto di terra brulla sull’erta di via Megra era un’autentica fossa dei leoni. Mario Licinio, Alberto Perrini, Pinuccio De Michele e tanti altri nomi indelebili nella memoria dei bitontini. “Diciamo che ero un po’ testa di…, non nel senso che davo fastidio nello spogliatoio, no per carità. È solo che mi accontentavo, ci sapevo fare col pallone fra i piedi, però mi facevo bastare anche categorie inferiori a quelle cui potevo davvero aspirare”. 

Una stagione in neroverde, più di trenta partite, tutte indiavolate c’è da scommettere, una dozzina di gol, compreso quello della salvezza. Poi, Vitale – a proposito, un cognome garanzia d’amore per il pallone: Giovanni, Nicola… - stipa dentro la valigia sogni e progetti e vola via. Reggio Emilia, la meta dell’onirica avventura. 

Anche in maglia granata, Cesare trasvola con tremenda concretezza le aree di rigore. Lo vuole il Genoa in serie A. Un pasticcio alle buste però – crudele asta invisibile che decideva le sorti d’imberbi pedatori – lo destina alla Massese. Negli anni Settanta veste le casacche di Audace San Michele e ancora Reggiana. Seguono quattro anni avventurosi a Padova: nel ’79-’80 conquista la Coppa Italia semiprofessionisti e l’anno seguente salta dalla C2 alla C1; e tre palpitanti a Prato, anche qui con una promozione. Pure Livorno, Pistoiese e Sassuolo si fregeranno delle sue mirabolanti prodezze. In un Prato-Pistoiese, lo prese in consegna un tale Sergio Brio: “Prima della gara, ci salutammo, mi prese in consegna, mi diede tante di quelle mazzate, ma comunque segnai. E dopo ci abbracciammo. Altri tempi, altro calcio”, ricordò con un sorriso pieno di nostalgia.

Vive ormai a Reggio ed è proprio lì che è diventato maestro di giovani promesse, l’ex Juve e Nazionale Nicola Legrottaglie, fra queste. Gli è capitato persino di sedere in panca in serie A, nel ’94-’95. 

“In quattro partite ho fatto più punti dei miei predecessori. Eppoi, posso dire una cosa. Ho avuto a disposizione il più grande giocatore che io abbia mai allenato: il portoghese Paulo Futre. Che spettacolo, con i piedi che si ritrovava sapeva fare di tutto”, si inorgoglì.


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